di Stefano Padoan - 15.09.2022 - Scrivici
Siamo nell'epoca del controllo, tra applicazioni che analizzano la qualità del sonno e orologi che ci geolocalizzano in ogni istante monitorando anche battito cardiaco e stato di salute. E questo si riflette anche nell'educazione, con genitori che più si illudono di poter pianificare le vite proprie e dei figli e più soffrono di depressione, ansia, attacchi di panico, ipocondria. E se fosse proprio la nostra ossessione di controllo a generare questa costante paura di perderlo? La psicologa e psicoterapeuta Erica Badalassi, autrice de "L'arte di vivere in equilibrio" (Red Edizioni, 2022), ci consiglia come superare la mania del controllo per instaurare un migliore rapporto con i propri figli.
Se controlli pensieri ed emozioni funzioni meglio: questo è il falso mito che ci trasciniamo dietro da secoli, dice l'esperta. «Lo ha generato il nostro naturale bisogno di controllo, rafforzato da una deleteria idea illuminista: che ciò che ci distingue come esseri umani è la capacità di sottomettere le emozioni a logica e razionalità». Nulla di più sbagliato: «Sicuramente la ragione ha portato a grandi traguardi, ma non funziona in tutti gli ambiti della vita: nella sfera emotiva e relazionale dobbiamo essere in grado di allentare la razionalità e dare spazio all'intelligenza emotiva. Non fosse altro perché le emozioni sono più potenti e veloci del pensiero razionale: la neocorteccia si è sviluppata dopo l'area dell'istinto, quella necessaria a scopi ben più primari come la sopravvivenza». Cercare di soffocare o controllare questa sfera dunque porta a dinamiche fallimentari e disfunzionali.
La tendenza dei genitori a iper controllare la vita familiare agisce negativamente sui figli in due modi: «Indirettamente, passando un modello ansiogeno nel quale crescono; ma anche direttamente, nel modo in cui si instaurano le relazioni educative con i bambini».
Il clima in famiglia. Il benessere di un figlio passa da quello dei genitori. In famiglia però il rischio è di illudersi di poter far sì che casa, partner, lavoro sia "tutto a posto, in ordine": con la conseguenza che i modelli poi siano di adulti stressati, stanchi e arrabbiati. «Inseguire l'obiettivo che "tutto sia perfetto come me lo sono prefigurato" vuol dire trasformare la vita famigliare in una serie di doveri e la vita relazionale con i figli un lavoro. Se ciò che dovrebbe dare pace e piacere diventa un altro terreno di performance (che non vi fa mai sentire all'altezza), tornare a casa la sera potrebbe diventare l'ennesima fonte di stress che vi fa perdere di vista ciò che realmente conta».
L'educazione. Frasi come "Non piangere", "Non ti arrabbiare", "Controllati" non solo hanno poco senso perché vengono pronunciate quando quelle emozioni si sono già manifestate, ma sono generate dalla tentazione di iperproteggere i figli da ogni avversità: «I genitori si illudono di poter spianare loro la strada, per paura che possano soffrire. Il problema è che ciò rende fragili, perché non allena alla vita (non sarete sempre lì a prevenire i loro fallimenti) e perché sicurezza e autostima si costruiscono attraverso le difficoltà affrontate e superate. Certe emozioni, anche le più brutte, vanno provate: bisogna entrare in contatto con i propri limiti. Ogni volta che invece impedite loro di affrontare un ostacolo, state dicendo che non sono in grado di farlo da soli».
Per quanto ci spaventi allentare il controllo ed entrare in contatto con l'imprevisto e l'incertezza, è necessario farlo per accrescere il nostro benessere interiore. «È umano non voler sentire le emozioni più spiacevoli e ci illudiamo che più usiamo la ragione, più saremo in grado di non sentirle. E invece ci travolgono: ciò succede a noi e a nostro figlio. Impariamo e insegniamo ai nostri figli a soffrire per cessare di soffrire, a guardare in faccia le difficoltà. Lì costruiamo la nostra forza interiore e scopriamo chi siamo veramente. A beneficiarne sarete voi e di riflesso i vostri figli, perché avranno accanto persone che coltivano ancora desideri, che sono soddisfatte e felici. I bambini hanno bisogno di modelli a cui ispirarsi: che dicano loro, insomma, che non siamo al mondo per portare a termine compiti o doveri, ma per stare bene».
Prima il piacere e poi il dovere. . . . Ribaltando un sempreverde mantra educativo, provate a vivere ogni attimo nel modo più piacevole possibile: «Nella vita ci sono sempre alcune cose che vanno fatte, che ci piaccia o no; il nostro obiettivo però è di fare più cose possibile non perché dobbiamo, ma perché ci piace! Questo è il segreto di un benessere a lungo termine. Pensate se a cena siete più concentrati a godervela e a stare in relazione serena con i vostri figli o attenti che tutto sia in ordine, che la tavola non si sporchi, che il cibo sia cucinato alla perfezione… Questo atteggiamento porta sempre a frustrazione».
… senza dimenticarsi delle regole. «Il piacere è un'emozione primaria e non è, di per sé, sregolata: è lo slancio vitale e la spinta a realizzare qualcosa. Di certo però è necessario saperlo gestire. Se non diamo nessun limite a noi e ai nostri figli, il piacere ci travolge o finisce per non essere più così piacevole: gustarsi un dolce ogni tanto è un piacere che viene meno se mangiamo dolci tutto il giorno. Così come bisogna concederselo, perché ogni emozione repressa finisce per travolgerci». Fissare delle regole vuol dire però puntare sulla responsabilità più che sul dovere: «Definite innanzitutto ciò che compete a voi genitori e ciò che spetta ai figli, come la scuola che non deve essere l'ennesimo peso per voi. Improntare lo studio e gli impegni attorno al dovere poi non funziona perché la chiave è che voi, come i vostri figli, troviate piacere nelle cose che fate: è sulla base di ciò che si va avanti a fare le cose, nella vita verranno portate avanti quelle e abbandonate le altre, per quanto valide. Pensiamo alla lettura: se i bambini sentono sensazioni positive attorno ad essa non si oppongono certo ad esercitarla. L'arte del vivere è trasformare ogni attimo in un qualcosa di piacevole».
Perdete tempo. Imparate a perdere tempo, perché la sensazione che lo stiate "perdendo" dipende tutta dalle aspettative di perfezionismo che vi ponete: «Parlare di gestione del tempo è già una forma di controllo, perché il tempo è già pienamente nostro».
Collaborate tra genitori. Spesso una conseguenza dell'ipercontrollo materno è l'esclusione del papà dalla cura dei figli, soprattutto nei primi anni: «Madri, date spazio al vostro partner di sperimentarsi nel loro ruolo: in primis per darvi la possibilità di essere aiutate - anche se un altro non farà mai le cose perfettamente come le fareste voi - e in secondo luogo per non dare loro alibi per sottrarsi alle loro responsabilità».
Non iperproteggete vostro figlio. Se un bambino non prova mai emozioni come vergogna, umiliazione e dolore, quando sarà più grandicello non avrà nessuno strumento per affrontarle: «Ciò non vuol dire abbandonarli a loro stessi, ma provare a osservare senza intervenire subito. E fate anche in modo che vostro figlio si trovi di fronte a una difficoltà ogni giorno: costruite un piccolo problema da affrontare, una sfida. Lo aiuta molto a crescere nel problem solving e nell'autostima».
Erica Badalassi (www.ericabadalassi.it) è psicologa, psicoterapeuta ad approccio breve, coach e formatrice su tematiche di intelligenza emotiva, problem solving e comunicazione efficace. È cofondatrice della piattaforma Evolvi Academy e riceve nel suo studio a Pontedera (PI) e online. Ha scritto il libro "L'arte di vivere in equilibrio" (Red Edizioni, 2022).
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