Greenpeace: il rapporto Oms sull'origine del Covid-19 evidenzia rischi sanitari legati a perdita biodiversità - Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile

2022-07-01 20:58:06 By : Ms. Ruby Liu

Aree protette e biodiversità | Economia ecologica | Scienze e ricerca

L’Oms risponde agli Usa: il rapporto realizzato da un team di ricerca internazionale, rispettando il mandato dell’Assemblea mondiale della sanità

Dopo la presentazione del rapporto ufficiale “WHO-convened Global Study of the Origins of SARS-CoV-2” sulle origini della pandemia di Covid-19 e le polemiche sollevate dall’amministrazione Usa su una cedevolezza dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) rispetto alle pressioni e teorie della Cina, Greenpeace evidenzia che in realtà l’Oms «Sottolinea i rischi potenzialmente letali di malattie dovute al contatto tra la fauna selvatica e le persone, e di conseguenza quanto gli ecosistemi naturali costituiscano una zona cuscinetto importante per proteggerci dai virus provenienti dalla fauna selvatica».

La 15esima Conferenza delle parti della Convention on bological diversity  si terrà  proprio in Cina a ottobre  e secondo Pan Wenjing, responsabile foreste e oceani di Greenpeace Asia, «Gli allarmi provenienti dal mondo della ricerca sui rischi di malattie infettive legate alla perdita di biodiversità stanno diventando sempre più frequenti. La distruzione degli ecosistemi naturali erode la zona cuscinetto che separa questi virus dalle persone. Lo scorso anno il governo cinese ha compiuto alcuni passi in avanti vietando allevamento e consumo di animali selvatici. Ma occorre fare di più, in Cina e altrove. Crisi sanitarie a livello globale come l’attuale  pandemia, si verificheranno sempre più spesso se non riusciremo a proteggere gli ecosistemi naturali” afferma Insieme al contatto diretto con gli animali selvatici, la distruzione degli ecosistemi naturali facilita la diffusione di malattie attraverso una serie di fattori. Ad esempio, una ricca biodiversità aiuta a protegge gli esseri umani dalla trasmissione di malattie da parte delle zanzare. Altri esempi di malattie infettive in aumento a causa dell’invasione umana degli ecosistemi naturali includono la febbre gialla, il virus Mayaro e la malattia di Chagas nelle Americhe. Il rapido tasso di distruzione degli ecosistemi naturali a livello globale comporta un aumento dei rischi di nuove infezioni. Le cause principali sono lo sfruttamento delle risorse e l’agricoltura industriale ad opera dell’uomo».

Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia, aggiunge «I virus non si fermano di fronte ai confini, la cooperazione multilaterale è l’unica risposta a crisi globali come l’attuale. Le informazioni che ci arrivano dal mondo scientifico sono chiare: la distruzione degli ecosistemi naturali agevola la diffusione di nuovi focolai di malattie. Bisogna che governi e aziende intraprendano azioni concrete ora per proteggere gli ecosistemi a livello globale».

Ma gli statunitensi, prima Trump e ora Biden, dicono che il Covid-19 potrebbe essere sfuggito da un laboratorio e non trasmesso all’uomo attraverso un salto di specie, cosa respinta dai cinesi che fanno notare che il laboratorio sotto accusa era in realtà gestito in base a un progetto internazionale.

Ier l’Oms ha precisato che, il rapporto del team internazionale sulla sua  visita sul campo a Wuhan, dal 14 gennaio al 10 febbraio 2021, è stato pubblicato dopo che il il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, aveva chiesto ulteriori studi e ha ricordato che «Il rapporto deriva da una risoluzione di uno Stato membro adottata per consenso all’Assemblea mondiale della sanità nel maggio 2020 e che chiede all’Oms “di identificare la fonte zoonotica del virus e la via di introduzione alla popolazione umana, compreso il possibile ruolo degli ospiti intermedi, anche attraverso sforzi come missioni sul campo scientifiche e collaborative”».

Rispondendo indirettamente alle critiche statunitensi, Tedros, ha detto che il rapporto «Migliora la nostra comprensione in modi importanti, mentre solleva questioni che dovranno essere affrontate da ulteriori studi, come indicato nella relazione. Per quanto riguarda l’Oms, tutte le ipotesi restano sul tavolo. Questa relazione è un inizio molto importante, ma non è la fine. Non abbiamo ancora trovato la fonte del virus e dobbiamo continuare a seguire la scienza e non lasciare nulla di intentato. come stiamo facendo. Trovare l’origine di un virus richiede tempo e trovare la fonte è qualcosa che dobbiamo al mondo, in modo da poter intraprendere collettivamente misure per ridurre il rischio che ciò accada di nuovo. Nessun singolo viaggio di ricerca può fornire tutte le risposte».

LìOms precisa puntigliosamente alcuni fatti: «Fin dall’inizio della pandemia l’Oms ha sottolineato la necessità di comprendere l’origine del virus per meglio comprendere l’emergere di nuovi patogeni e le possibili esposizioni. Solo poche settimane dopo l’inizio dell’epidemia, l’IHR Emergency Committee di esperti indipendenti ha raccomandato all’Oms e alla Cina di proseguire gli sforzi per identificare la fonte animale del virus.  Per tutto il 2020, l’OMS ha continuato a discutere con la Cina e altri Stati membri sulla necessità di studiare e condividere informazioni sulle origini del virus. La risoluzione dell’Assemblea mondiale della sanità del maggio 2020, adottata da tutti gli Stati membri, ha citato la necessità di “identificare la fonte zoonotica”». E la Wmo cita un passo della risoluzione: «(6) continuare a lavorare a stretto contatto con la World Organisation for Animal Health (OIE), la Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO) e i paesi, come parte dell’approccio unico per la salute per identificare la fonte zoonotica del virus e la via di introduzione nella popolazione umana, compreso il possibile ruolo di ospiti intermedi, anche attraverso sforzi quali missioni scientifiche e collaborative sul campo, che consentiranno interventi mirati e un programma di ricerca per ridurre il rischio che si verifichino eventi simili, oltre a fornire indicazioni su come prevenire l’infezione da sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-COV2) negli animali e nell’uomo e prevenire la creazione di nuovi serbatoi zoonotici, oltre a ridurre ulteriormente i rischi di insorgenza e trasmissione di malattie zoonotiche».

Nel luglio 2020 l’Oms aveva inviato un piccolo team in Cina per pianificare uno studio congiunto che comprendesse scienziati internazionali cinesi e indipendenti e ricorda ancora che «Si è convenuto che l’Oms  selezionasse gli scienziati internazionali. I termini di riferimento per lo studio sulle origini dei virus sono stati completati entro l’autunno 2020». Alla fine il team di scienziati proveniva da tutto il mondo: Australia, Cina, Danimarca, Germania, Giappone, Kenya, Paesi Bassi, Qatar, Federazione Russa, Regno Unito, Stati Uniti d’America e Vietnam e comprendeva 17 esperti cinesi e 17 internazionali di altri 10 Paesi, nonché l’OIe.

L’Omns conclude: «Fin dall’inizio, questo studio è stato concepito come un passo nel percorso di comprensione delle origini del Covid-19 e riflette l’ambito e il mandato specifici come delineato dagli Stati membri nella risoluzione dell’Assemblea mondiale della sanità e nei termini di riferimento negoziati».

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