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Scarpe e sellini, manubri e supporti, ma anche materiale per ospedali, pezzi di ricambio per auto e moto, ma anche soprammobili, monili e dettagli tecnici a misura di campione (come ci spiega la medagliata Sara Bertolasi).
Tutto ciò che abbiamo trovato esposto nel quartier generale di Elmec, marchio simbolo dell’innovazione, ha un’origine comune: sono stampe di ultima generazione, sofisticate, millimetriche, personalizzabili.
E così, in una realtà vorticosa e in continuo cambiamento, le prime stampanti 3D rischiano di sembrare vintage rispetto a questa generazione di “ neo manifattura”.
“ Se devi stampare un milione di pezzi – ci dice Rinaldo Ballerio – non ci sono alternative alla Cina. Ma se vuoi stamparne qualche centinaio, curato e diversificato, non ci sono alternative all’Italia. In questo siamo i numeri uno, ma dobbiamo esserne consci e lavorare su un Made in Italy che guardi avanti anziché indietro ”.
Stampare, fanno capire relatori e protagonisti dell’Expo dell’Impossibile, com’è stato battezzato l’incontro di Brunello, significa concentrarsi sulla precisione, piegare la realtà a una visione di essa, rigenerare ciò che manca, avvicinare ciò che è distante, consumare meno per valorizzare di più la materia, adeguandola a spazi, esigenze e contingenze.
La prova provata? Un intervento a misura di natante, che Cristina Carnevale Bonino ci aiuta a comprendere meglio.
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