Italia ai playoff: Wembley è un ricordo. Il commento di Andrea Di Caro - La Gazzetta dello Sport

2021-11-16 16:13:04 By : Mr. VINCE TANG

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Sono passati poco più di 4 mesi dall'11 luglio, giorno della finale di Wembley contro l'Inghilterra, ma sembra un'eternità. L'Italia che ha "giocato" in queste qualificazioni mondiali è lontanamente imparentata con quella che è stata incoronata campione d'Europa. Certo, ha buttato via due rigori contro la Svizzera che sarebbero stati decisivi per entrare direttamente tra i 32 partecipanti in Qatar 2022, ma sarebbe sbagliato e riduttivo giustificare il tutto con quei due rigori falliti. quel mix di mentalità, unità, convinzione, rabbia, ferocia, compattezza, entusiasmo, voglia di stupire, gioco corale, capacità di combattere, difendere e attaccare in undici, che aveva caratterizzato il cammino europeo. Siamo costretti a giocarci tutto nei playoff di marzo per non restare fuori da un Mondiale per la seconda volta consecutiva: sarebbe una catastrofe sportiva e un bis negativo mai registrato prima nella nostra gloriosa storia calcistica. Non vorremmo pensarci, anzi dobbiamo, perché a furia di ripeterci, durante queste qualificazioni, dopo ogni partita opaca che sarebbe stata la successiva, ci siamo ritrovati secondi dietro alla Svizzera. E per le prestazioni viste non ci si può nemmeno lamentare molto. La Svizzera ci è finita davanti con merito, soprattutto pensando al diverso blasone tra le due nazionali in questo girone su carta molto abbordabile e che invece ci ha regalato una grande delusione. La Svizzera ha fatto tutto bene, dominando la Bulgaria e regalando loro quattro gol. L'Italia, invece, rischiava di perdere più che vincere nella sua partita “dentro o fuori” contro un'Irlanda ordinata e vigorosa che conservava senza troppa fatica il primato personale di non aver subito nemmeno un gol in casa.

Alcuni limiti della nostra Nazionale si sono rivelati anche durante la splendida cavalcata europea: in primis l'assenza di un centravanti in grado di finalizzare la partita e poi di una coppia di giocatori di fascia alta in grado di risolvere le partite anche con il gioco personale. Queste carenze erano state sostituite dal gioco di squadra, dalla partecipazione corale di un gruppo molto unito dentro e fuori dal campo. Abbiamo giocato in undici e sembravamo tredici. Come Daniele De Rossi ha sintetizzato magnificamente nella didascalia di una foto esultante dopo Wembley: "Non abbiamo riso tutti perché abbiamo vinto, ma abbiamo vinto perché abbiamo riso tutti". Ecco, questa nazionale sembra aver perso il suo sorriso, la sua magia. In cinque parole, probabilmente fastidiose per i nostri azzurri, ma forse azzeccate: l'Italia si è seduta. E non può permetterselo. Perché, abbiamo detto spesso, i valori individuali di questi giocatori sono buoni, in alcuni casi ottimi, ma abbiamo forse 3 o 4 campioni assoluti, non di più: Donnarumma, la coppia Bonucci-Chiellini (e insistiamo sul concetto di una coppia, perché separati ne fanno molto meno, soprattutto Leo da solo...) e forse Jorginho, maledetti rigori a parte. Quante volte, ripercorrendo i nomi di tanti altri protagonisti, ci siamo stupiti dell'impresa compiuta da coach Mancini...

Quindi adesso "è tutto sbagliato, è tutto da rifare" nella memoria di Bartalian, in perfetto stile italico? Passi dal lanciare fiori a lanciare pomodori? Scendi velocemente dal carro? No, questo non lo è. Ma bisogna prendere atto che bisogna recuperare quelle caratteristiche che permettono a un gruppo buono ma non straordinario di poter primeggiare. Non ci sono più squadre tampone, ha spiegato Zeman alla Gazzetta due giorni fa, evidenziando i progressi della Svizzera. Non puoi vincere con il nome, devi schierare molto di più.

Non è sempre facile ripetere miracoli, ricreare quelle alchimie uniche e meravigliose che portano a trionfi inaspettati come accadde in Italia nel 1982, 2006 e 2021 (e i primi due avevano una qualità enormemente superiore...) tanto che in 1986 e nel 2010 abbiamo fallito i successivi Mondiali, ma siamo fiduciosi che Mancini saprà trovare la chiave del problema e risvegliare l'entusiasmo di questa squadra improvvisamente sopita. I playoff si svolgeranno a marzo, c'è tempo. Recupereremo giocatori importanti ormai fuori, da Verratti a Immobile, da Chiellini a chissà, magari anche Spinazzola. Dovrebbe bastare per andare al Mondiale. Sarà più difficile trovare chi lo butta dentro. Un feroce attaccante non si crea sul computer: non ne abbiamo uno. Ma a questo ci penseremo dopo, prima qualifichiamoci in questi playoff maledetti e inaspettati. Non sarà per niente facile se l'Italia di quattro mesi fa non tornerà in fretta.

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